«Da sotto i morti non stanno muti», bisbigliano, giocano a nascondino, origliano, mangiano e aspettano il tempo giusto per tornare a mostrarsi nel giorno che gli è consacrato. “Morti di Sicilia e altre stranezze“, l’antologia di racconti edita da Rossomalpelo Edizioni, offre uno spaccato del mondo dell’al di là. Nell’intenzione di questo libro c’è il voler certificare una certa continuità tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei morti.

È la festività più morta di tutte, il 2 novembre, il giorno in cui si commemorano i defunti. Secondo la tradizione popolare è questa l’occasione in cui i morti tornano tra i vivi, quasi a testimoniare il confine sottilissimo tra i due regni, per cibarsi e per mostrare ancora la loro esistenza.

“Morti di Sicilia e altre stranezze” (leggi l’anteprima), il nuovo libro della collana Mirabilia, è dedicato ai lettori appassionati di tradizioni popolari, delle storie oscure della Sicilia. Uno sguardo al passato con vista sempre sul presente, il volume ospita tre grandi autori classici e due autori contemporanei: da un lato Verga, Capuana e Linares, dall’altro Radice e De Luca.

morti di siciliaLa Sicilia, le sue tradizioni, il suo lato più oscuro e strano, è sempre al centro delle narrazioni di Rossomalpelo, che dopo “Breve guida alle fonti miracolose di Sicilia” di Giuseppe Pitrè, aggiunge un nuovo tassello con questo libro che del fantastico e del popolare ne è l’emblema. Racconta una delle festività siciliane più sentite, la spoglia dalla sua veste religiosa, per dedicarsi alla potenza del pagano e della credenza.

Così, Giovanni Verga racconta dell’ora in cui le mamme vanno in punta di piedi a mettere dolci e giocattoli nelle piccole scarpe dei loro bimbi, e questi sognano lunghe file di fantasmi bianchi carichi di regali lucenti, e le ragazze provano sorridendo dinanzi allo specchio gli orecchini o lo spillone che il fidanzato ha mandato in dono per i Morti. 

Mentre il protagonista del racconto di Luigi Capuana accoglie in sogno, come una disgrazia, un suo amico defunto che fa capolino per affidargli una confidenza, un segreto, un amico che si sente più vivo di prima perché Non si muore, ti ripeto. Si sparisce, perché gli occhi nostri non riescono a vedere. E poi Vincenzo Linares con quella figura avvolta in bianco lenzuolo, che timida barcollante cammina per le strade, quasi temendo ogni voce, ogni alito, ogni ombra? È forse un vampiro? È forse una sonnambula? È uno di quei spiriti gentili, che il popolo crede e teme, un fantasma, una silfide notturna?

Sono morti che son vivi a intermittenza o forse sempre vivi, ma nascosti. “Morti di Sicilia e altre stranezze” raccoglie storie attraversate dal fantastico popolare che continuano a vivere anche nello sguardo dei contemporanei. Autori contemporanei come Giuseppina Radice che nel suo racconto si cimenta con una scrittura in dialetto siciliano, ispirandosi alle opere di Pitrè, ma proponendo un suo personale codice dialettale siciliano.

«Sono uno storico dell’arte – dice l’autrice – e non avevo mai scritto racconti. Ho letto una favola del Pitrè, poi una seconda e sono nati due racconti in italiano che poi ho tradotto in dialetto siciliano. Non pensavo di avere dentro di me tante parole… appena ho iniziato a tradurre il primo racconto, liberamente tratto dal Pitrè, è stato un fluire ininterrotto di ricordi meravigliosi che affioravano e trovavano parole, parole, parole. È stata una sensazione straordinaria, come scoprire dentro di sé una ricchezza inaspettata. Penso sia veramente importante riscoprire le tradizioni, tenga presente che io mi chiamo Radice».

morti di siciliaDanilo De Luca chiude l’antologia con la sua “messa scordata” in un racconto dove non poteva che comparire la figura della Nonna, simbolo universale della tradizione popolare, figura a cui è affidato il potere del tramandare per antonomasia. Quasi le spettasse di diritto una parte nella narrazione in questa raccolta, la nonna mette in guardia il protagonista del racconto dal suono delle campane che attraggono i vivi ma soprattutto i morti che hanno fatto in vita cose brutte. I morti, è bene saperlo, vanno lasciati in pace.

«La vicenda è inventata – spiega Danilo, l’autore –, però quando mi capitava di passeggiare per le vie del paese (Acicastello) con mia nonna, accadeva veramente che mi dicesse “stai attento ad andare lì”, oppure “non ti avvicinare in quel luogo perché è successo questo o quello”. E più me le raccontava e più volevo passeggiare con lei. Anche perché era come se tracciasse una mappa dei luoghi da evitare del paese. Ho utilizzato questo ricordo per trasformarlo in racconto. Sono un amante del folclore siciliano, cerco e cercherò di attualizzarlo e trasportarlo ai giorni nostri. “La messa scurdata” non fa parte delle mie zone, ma è pur sempre una tradizione siciliana che nessuno conosce ed è giusto raccontarla».


In copertina: James Ensor, Skeletons Fighting Over a Pickled Herring,
1891, Museum of Modern Art, New York