Su Lo scaffale indipendente l’incipit del romanzo “La strada per l’inferno” di Roger Jon Ellory pubblicato dalla casa editrice indipendente di Palermo 21 editore.

A venticinque anni compiuti, Carole Kempner aveva già conosciuto un numero sufficiente di uomini da non provare altro sentimento che la delusione. Aveva dato alla luce due bambini, da padri abietti e senza speranza; uomini che lasciavano a desiderare sotto ogni punto di vista. Uno era un coglione privo di tatto, l’altro semplicemente un pazzo.
Elliott, il più grande dei figli, era nato il 2 gennaio del 1946. Il padre di Elliott, Kyle Danziger, lavorava occasionalmente sulle piattaforme petrolifere ed era piombato nella vita di Carole come una sgradevole ed estemporanea burrasca. Carole non era nemmeno incinta di tre mesi quando Kyle si era già volatilizzato, forse perché incapace di immaginare se stesso gravato dalla responsabilità di essere padre o forse per altri motivi. Carole, credendo che con un tale gesto avrebbe in qualche modo potuto convincerlo a ritornare di corsa, aveva dato al figlio il nome del nonno, il padre di Kyle. E così il bambino aveva finito per chiamarsi Elliott Danziger, anche se, non appena aveva iniziato a spiccicare parola, aveva subito fatto riferimento a se stesso come Digger.
Il modo in cui Clarence, il secondo e più giovane dei due figli, era venuto al mondo era di per sé un racconto. Il concepimento, solo otto mesi dopo che Carole aveva dato alla luce Elliott, era stato la conseguenza di un imbarazzante momento di ubriachezza, seguito da immediato rimorso. Si era trattato davvero di un punto basso, ma le cose non erano migliorate poi molto in seguito. Basti dire che l’infanzia dei ragazzi era stata un pullulare di violenza e follia.
Tanto per cominciare, una fredda mattina d’inverno il padre di Clarence, Jimmy Luckman, aveva fatto fuori Carole, sotto gli occhi sia di Clarence che di Elliott.
Clarence aveva cinque anni all’epoca, Elliott era un anno e cinque mesi più grande. Jimmy si stava sbronzando come al solito, ma Carole quel giorno aveva deciso di piantarlo e andarsene una volta per tutte. Forse perché era semplicemente stanca di essere delusa. O forse perché convinta che un gesto simile potesse alla lunga giovare ai ragazzi. Beh, in entrambi i casi, a Jimmy Luckman non era parsa una buona idea.
Così Jimmy – furioso per le calunnie e il voltafaccia di Carole, e per il modo in cui sembrava aver preso quella decisione senza alcun riguardo per i suoi bisogni e desideri – aveva preso una mazza da baseball e rotto un po’ di stoviglie. Spaccato una finestra. Mandato in frantumi lo schermo del televisore. Poi aveva spezzato l’osso del collo a quella maledetta stupida di Carole.
Era caduta a terra come un sasso. Nessuna espressione sul viso al momento dell’impatto, nessuna espressione in seguito. Il suo avrebbe potuto benissimo essere il viso di una persona che osserva un’insegna di sconti in un negozio.