il palindromo edizioni - angelo petyx

 

Su Lo scaffale indipendente una piccola anteprima dell’incipit del romanzo “Le notti insonni di Liillà” di Angelo Petyx, ripescato da un lungo oblio dalla casa editrice indipendente di Palermo il Palindromo.

Aveva passato un’altra delle sue nottatacce insonni, Liillà, e poiché era giorno fatto e il letto gli era venuto in uggia, respinse il lenzuolo col piede e si vestì, ronzò per la casa scombuiato, inquieto come un calabrone prigioniero nel bugno. «Eppure dovrei essere contento, che sono ancora in vita» disse, e andò ad aprire la porta. «Però che cosa terribile mettersi a letto col terrore di non rivedere più il giorno» soggiunse, e riprese a girare, sempre con l’assillo di quell’unico pensiero che gli rodeva il cervello e non sapeva come allontanare, scacciare da sé. Infine s’appoggiò al tavolo e mosse lo sguardo in giro. «È inutile» sospirò masticando l’amarezza che gli traboccava dal cuore, «quest’odioso, maledetto pensiero funesterà il resto dei miei giorni perché, per quanto m’affanni e scervelli, non so trovare una soluzione alla paura che ho di morire avanti ai miei giorni. Almeno finora non mi è riuscito di trovare una via che mi liberi dall’incubo che mi tiranneggia giorno e notte come una maledizione di Dio. È vero» proseguì spingendo lo sguardo fin nella strada bianca di luce e di polvere, «tanti trovano rifugio nella fede nell’aldilà, in Dio, ma rimane il fatto che non riescono nemmeno loro ad accettare la morte con la serenità e saggezza che predica padre Piccillo, anche se dicono che è solo un passaggio, ritorno alla patria celeste». Rimase a fissare la strada corsa da nugoli di pulcini che inseguivano le mosche, moscerini e, grattatosi il capo infastidito: «E allora?» esclamò tirandosi i calzoni su. «E allora vuol dire che la paura della morte non si vince né con la fede in Dio né con i sofismi dei filosofi, compreso Epicuro, che l’ingegnere Lo Vullo, a proposito della paura della morte, non faceva che citarmi, perché la fede non è scienza ma speranza di regni immaginari e le elucubrazioni dei filosofi e teologi vaniloqui, fumo. Intanto star qui a fantasticare che sono la fede e il resto non serve a niente, perché la paura io ce l’ho e me la tengo». Rise della sua paura di poter morire da un momento all’altro, mandò dei lagni e disse: «Potessi fare qualche cosa, che so, leggere, conversare con qualcuno, e invece… niente. Perché non posso, appena giorno, correre in barbierìa e attaccar discorso con mastro Libertino, anche se con me è comprensivo, generoso. E così, almanacca di qua, almanacca di là, la conclusione è che son solo e nella più assoluta impossibilità di poter intraprendere la lettura di un qualsiasi libro, sia pure il più ameno, leggero, perché subito mi stanca, spossa, andare in campagna per un fascio di legna o altro. C’è davvero da smaniare, da venir matti, a trovarsi nella condizione in cui mi trovo io».